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L’itinerario parte da Sant’Elisa a Pianisi e raggiunge Roccavivara.
Sant’Elia a Pianisi, e’ un centro posto a 666 metri sul livello del mare e dista 37 Km da Campobasso, capoluogo della Regione Molise.
La specificazione “a Pianisi” riprende il nome del luogo (Pianisi, dal latino planum, piano) da cui giunsero gli abitanti in seguito alla distruzione del castello omonimo voluta dal viceré spagnolo Moncada, per essersi ribellati al giogo di questi (1528).
Già a quell’epoca Sant’Elia era un centro fiorente, per la mitezza del clima e per la ricchezza dei campi che avevano attirato gran parte degli abitanti dei borghi circostanti, quali Casalfano, Ficarola, San Nicola, Centocelle…. Si pensa che Sant’Elia nacque fra il declinare della dominazione longobarda e la venuta dei Normanni; forse un gruppo di fuggiaschi, di qualche castello o villaggio incenerito, si nascose tra le boscaglie di questo luogo e vi costruì le prime capanne ed una cappelletta, che dedicarono a Sant’Elia, protettore del fuoco.
Si spiega così l’origine del paese e del suo nome. Oggi Sant’Elia a Pianisi è un piccolo comune. La sua superficie, di circa 6784 ettari, e’ costituita da boschi, colli e monticelli dove vengono praticate diverse colture: grano, granone ed avena.
C’è, inoltre, la coltura dell’olivo, per la cui promozione questo comune è entrato a far parte della “Associazione Nazionale Città dell’Olio” che si propone tra i suoi obiettivi quello della valorizzazione e della promozione del prodotto “olio” e dei territori dove l’olivo è più vocato. Fino agli anni ’70 e’ stata sede di importanti attività industriali, i cui prodotti sono oggi conosciuti in molte parti dei mondo. Qui c’erano tre pastifici, un sansificio, un molino, un pantalonificio, la maggior parte dei quali, soprattutto per problemi legati alla viabilità, si sono trasferiti nel capoluogo, e sono stati solo parzialmente sostituiti da altre attività sorte in questi ultimi anni. Tra queste un biscottificio ed una azienda conserviera.
ROCCAVIVARA risale certamente all’epoca sannitica. Ne danno testimonianza reperti archeologici rinvenuti qua e là, l’urna cineraria del tipo isernino conservata come base della penultima colonna nel Santuario della Madonna di Canneto, una moneta d’argento greca della zecca di Pirro rinvenuta in contrada Pontoni, monete romane di bronzo risalenti alle guerre puniche, una scritta indecifrata incisa su una tegola ti tomba sventrata e distrutta mentre si costruiva la superstrada a Canneto. Sulle origini del suo nome esistono comunque due ipotesi, la prima vuole che esso derivi da Rocca Bonnarii, facendo riferimento al suo fondatore, un certo Bonnario; la seconda che esso provenga da Rocca di Vivara, riferendosi alla contrada di Vivara tuttora esistente e confinante con il comune di Roccavivara.
La parte bassa dell’agro di Roccavivara offre ampie testimonianze della presenza di centri abitati all’epoca di Roma repubblicana ed imperiale. Notizie storiche ci dicono che nel 1268 era feudatario di Roccavivara Gualtiero di Vollers; a costui seguì Bertrando Cantelmo, la cui discendenza tenne il dominio fino al 1442. Successivamente il potere passò ai Sangro, ai Carafa e ai Coppola fino all’abolizione della feudalità. In località San Fabiano è stato rinvenuto un sito molto interessante: una villa romana sicuramente costruita su un pianterreno sostenuto da una costruzione megalitica.
Di pregevole valore storico-artistico è la Chiesa di Santa Maria in Canneto, costruita nella omonima contrada, così denominata a causa della sua vicinanza al fiume Trigno e quindi ricca di canneti. La chiesa venne costruita su un luogo di culto già esistente, e, sebbene non sia chiara la data della sua costruzione, la prima notizia dell’edificio è databile intorno al 706, come testimoniato da un documento nel quale il duca Gisulfo I di Benevento fa dono della chiesa ai monaci benedettini di San Vincenzo al Volturno. Nella facciata a torre e nella torre campanaria della chiesa si individuano frammenti di reimpiego riconducibili all’VIII e IX secolo, sicuramente appartenenti alla prima costruzione, di cui non rimane alcuna struttura. L’interno della chiesa è a tre navate con copertura a capriate e colonne romane, provenienti da qualche costruzione non lontana, sormontate da capitelli romanici. Offre un consistente numero di sculture che ornano la lunetta del portale e i capitelli. Notevole e anche raro per l’apparato iconografico, è l’ambone duecentesco 1223. In una galleria di sei archetti ciechi presenta sei statuette raffiguranti monaci benedettini in vari atteggiamenti.
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